Enzo Moscato
LACARMEN
Opera scritta per lo spettacolo “Carmen” di Mario Martone
Prefazione di Mario Martone
Non so perché, a scriverla, Lacarmèn, mi sia venuta fuori una storia così: torbida e fluttuante.
Eh, sì, proprio fluttuante: tra verità e menzogna, stereotipi e guizzi di autenticità, passato remoto e passato prossimo, presente e senz’altro poco rassicurante futuro.
Una vicenda, poi, piena zeppa non tanto di cose o fatti realmente concreti, a guardar bene, ma piuttosto di ricordi - veri e finti - di deliri, visioni, allucinazioni, apparizioni di fantasmi, di oniriche creature.
Una storia, soprattutto, che prende a prestito un classico della letteratura e della musica: cioè il doppio capolavoro di Merimée/Bizet, Carmen.Prestito, che diventa pretesto, per buttar giù un ‘sommario di decomposizione’, avente per argomento il cosmo-Napoli. Dunque, ecco per me la causa, la motivazione a monte, il senso-spinta per scrivere Lacarmèn: la sua lingua, la lingua di Napoli e quella del mio testo; ma credo il ‘distinguo’ sia artificioso, dal momento che io-Napoli-scrittura siamo la stessa cosa, e lo dico senz’alcuna vanagloria o prurito auto-referenziale non alieno da folclore!
“Chesta lengua di pietre cadute e mare, che nessuno può toccare, né dissolvere, annullare.
Pena, folgorazione immantinente ‘e chi ne avesse mai a toccarla l’ardimento!
Lengua, che io, straniero, forestiero, per opera ‘e magia, o de pietà/grandezza ‘e Dio, senza volerlo, per istinto e per ragione, parlandola, cantandola – ‘a sentite? – ho fatto mia!”
Enzo Moscato
Stralcio dalla prefazione
Quando ho pensato di dare vita con l'Orchestra di Piazza Vittorio a una Carmen napoletana, secondo i modelli del teatro musicale popolare che vanno da Raffaele Viviani alla sceneggiata, mi è apparso subito chiaro che si trattava di una felice occasione per tornare a lavorare con Enzo Moscato. Chi, se non lui, poteva scrivere il testo di uno spettacolo del genere? Gli chiedevo un copione in cui ci fossero dialoghi e personaggi ispirati alla tradizione, ma guardando alla novella di Mérimée oltre che all'opera di Bizet. Quel che mi ha sempre affascinato della novella è il fatto che la vicenda è tutta evocata: Mérimée immagina che Don Josè gliela racconti in prigione, la sera prima di morire impiccato. Enzo, accettando l'invito, ha colto al volo questo rapporto tra passato e presente e ha scritto un testo bellissimo e vastissimo, che ha intitolato Lacarmèn, in cui i tempi passati e presenti sono quelli della Napoli del dopoguerra (un tema assai caro a Moscato negli ultimi anni) e quelli del dopoterremoto degli anni '80.
Mario Martone
Edizioni Kairos 2016 - Euro 20,00
Collana SerieORO - Teatro